166-167, citate; e cfr di O. CARPANI, Lucubrationes in jus municipale quae appellant Statuta Mediolani, Milano, 1583-85, 2 voll., « Rubrica generalis de oneribus », rubriche nn. Whakaahua. La validità degli statuti cittadini nel territorio (Lombardia, sec. cit., pp. 199-200; Statuta Papiae 1383, libre I, r.ca LXXVII, e D. ZANETTI, Problemi alimentari di un’economia preindustriale. 154-69; EAD., Lo Stato mediceo di Cosimo I, Firenze, 1973, pp. 129-60. al diritto feudale), o a normazioni di organismi particolari (statuti di castra, comunità rurali, etc. Questo problema è stato avvertito da molti giuristi, in particolare da Bartolo da Sassoferrato, il quale ha inventato la “teoria della iurisdictio”: bisogna evitare che l’imperatore, di punto in bianco, tolga la permissio, per cui, occorre, ancorare la potestà normativa a qualcosa di stabile. Economie e paesaggi del Medioevo italiano, Roma, 1995, in particolare pp. territori, op. 36Ugualmente si dichiarava esplicitamente e si prescriveva l’obbligo di far ricorso agli statuti cittadini come fonte di diritto suppletivo (che in certe materie potesse integrare la normazione locale, in omissis et deficientibus); statuti che - per l’interpretazione larga di cui erano suscettibili, acquistavano talora la pregnanza di uno jus commune provinciale entro cui comunque lo jus particolare del castrum o della terra era compreso64: ferma restando la teorica precedenza di una legislazione principesca, che però in molte materie risultava di fatto assai poco invadente, o addirittura corroborava la antica normativa urbana, a tutela della centralità della città e degli interessi dei cives65. 51 D. BERNONI, Le vicende di Asola, Roma, 1876, pp. XIV-XV). 7Corrispettiva appunto di questa autorità e superiorità politica era il fatto che su tutto il territorio della città vigevano le leggi del comune, gli statuti cittadini, costituitisi precocemente in corpi normativi assai ampi9, tali anzi da formate una sorta di Landrecht, o di ‘legge provinciale’, come più tardi la dottrina l’avrebbe definita: « Cum hodie civitates habent sua regimina - secondo la Glossa -, singula civitas habetur pro una provincia, et bene dictum Glosse confirmat Bartolus respectu earum civitatem quae habent proprium regimen ». 31 Ivi, pp. 76-78. Nel Lodigiano anche le singole cascine devono avere il loro console: e gli abitatori della « Cassina de Bagnolo », che verso la fine del ‘400 si trovano a non aver proceduto all’ elezione, perchè « dicta cassina est unica domus tantum », sono denunciati per la loro inadempienza al giudice dei malefici della città di Lodi (ARCHIVIO DI STATO DI MILANO, Carteggio ducale, cart. Adresse : Presses de l'Université de Saint-Louis 1000 Bruxelles Belgique. 9-34, alle pp. DE REGIBUS, in Statuti del Lago d’Orta del secolo XIV, a cura di A. <> Sulla consapevolezza tedesca della differenza del concetto di territorio rispetto all’Italia - dove per territorium si intende essenzialmente un distretto urbano-si veda quanto scrive il giurista seicentesco Andreas Knichen: « nos vero [in Germania] secundum nostrum orizontem, territorium pro ducatu, principatu etc. cit., p. 334; ID., Statuti rurali e organizzazione del contado, op. cit., vol. cit. Gli statuti del borgo di Lugano ad esempio, risalenti forse al 1370, continuavano a prevedere il ricorso agli statuti comaschi per varie materie, perché la formula di approvazione del vicario di Galeazzo Visconti dichiarava esplicitamente che gli statuti locali non potevano derogare alla giurisdizione che la città di Como aveva su quella terra, e in materia di giurisdizione appunto non avevano valore60; la preminenza degli statuti urbani era stata riconosciuta parimenti dagli statuti di Castel San Giovanni, nel piacentino, emanati una decina d’anni prima61; l’obbligo del ricorso agli statuti di Pavia fu stabilito dal duca Filippo Maria Visconti nel 1432 allorché San Colombano, dopo un periodo di ‘separazione’, fu aggregato nuovamente al distretto pavese62. 1979, alle pp. cit. cit., pp. Ci sono conservati inoltre tre statuti ‘signorili’: due, già ricordati, molto semplici e rudimentali entrambi, relativi ai domini della grande abbazia bresciana di S. Giulia nel territori di Cicognara (1261-97, 1342) e di Alfiano (1305); un terzo, di impianto più ampio e giurisdizionale, come di piccolo staterello autonomo, per Viadana (inizi sec. 121-137), di A. Vasina e vari collaboratori sull’Emilia Romagna (cfr. 2 Per la pregnanza del concetto di Territorium, in area tedesca, cfr. 97-136; e si vedano i lavori di Cozzi e Varanini citati a nota 7. Ma si possono vedere ancora, più in generale, PERTILE, Storia del diritto italiano, op. Cfr. A Piacenza ogni villa che avesse almeno cinque fuochi era tenuta ad eleggere i suoi consoli: si vedano gli statuti.che portano la data del 1391 (Statuta antiqua civitatis Placentiae, anno MCCCXCI, Brescia, 1560 [d’ora innazi Statuta Placentiae 1391 ], libro IV, r.ca « De consulibus villarum elegendis » nr. Si tratta di centri i quali, già nel secolo XI e XII, ancora prima dll’affermazione e dell’espansione del regime comunale, apparivano ricchi di una lunga tradizione di capoluoghi territoriali, ecclesiastici e civili; centri i cui antichi distretti – i municipia, i comitatus, e soprattutto le diocesi-offrivano come i calchi per la per la formazione di un territorio politicamente dipendente, di un ‘contado’, in età comunale. ), o di Vertova (1235-36)22. <> 81 ss. Cum additionibus, seu reformationibus eorum etc., Parma, 1582(su cui E. NASALLI ROCCA, Gli statuti dello stato Pallavicino e le Additiones di Cortemaggiore, in Bollettino storico piacentino, 21, 1926, pp. 51Se vorremo trovare in Lombardia una certa densità e produttività statutarie, nel tardo Trecento e nel Quattrocento, da parte di piccole comunità, al di fuori di quelle terre autonome o quei piccoli capoluoghi amministrativi che i Visconti stessi vollero dotare di un loro statuto, dovremo guardare ancora una volta oltre i confini dei territori di più stretto controllo urbano, alle aree ‘marginali’ che prima si ricordavano: le aree montane (si è sopra ricordata la sensibile differenza del numero di statuti nella pianura e nelle valli87: una situazione che possiamo ritrovare anche nelle aree collinari e montagnose cui prima si accennava); oppure le zone dove sopravvivevano giurisdizioni feudali o ‘signorili’, laiche o ecclesiastiche, le quali, anche attraverso l’emanazione di uno statuto, intendevano riaffermare la loro autonomia nei confronti della città, o del principe88. Si tratta di una sorte di ‘vuoto statutario’ comune ad altre regioni italiane, dove pure, in conseguenza della forza espansiva del comune urbano, si affermava l’egemonia della legislazione statutaria cittadina. 89-93. Al tramonto dell’età comunale, al momento della soggezione ai Visconti, le città lombarde e padane avevano elaborato ormai da tempo, principalmente attraverso gli statuti (anche se non solo attraverso di essi) tutto un sistema di norme che regolamentavano l’organizzazione politica, amministrativa, fiscale, etc. Il volto della società urbana europea tra Medioevo ed Età moderna, Torino, 1999, p. 111. 157r-170r. 0000000816 00000 n VARANINI, Statuti rurali e organizzazione del contado, op. Così gli statuti di Cremona del 1349 vietano ugualmente la redazione di statuti rurali (e di paratici. Viaggio nell’entourage silenzioso del diritto statutario, in Il dedalo statutario, op. 46 Per l’area veneta cfr. Il loro numero non è dunque alto, e tende anzi a restare abbastanza stabile nel periodo di cui ci occupiamo (secoli XIIXV). 71 ss. ), Storia dell’economia italiana, vol. La rescissione dei legami con la città (e quindi con lo statuto urbano) richiedeva necessariamente una normativa specifica, e una statuizione autonoma. 141, « De damnis, et vastis emendandis civibus, et etiam districtualibus Terdonae »), c. 73v-76r. CAUCHIES, Jean-Marie (dir.)
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